Per celebrare i 130 anni di presenza (7 Dicembre 1888 – 7 Dicembre 2018) dell’Istituto "San Giuseppe” di Sassuolo (MO), i bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria insieme alle loro famiglie, gli insegnanti, diversi ex alunni, la fraternità di Sassuolo di noi Suore Francescane Missionarie di Cristo, insieme alla nostra madre generale suor Lorella Chiaruzzi, alla presenza dell’Assessore all’Istruzione del Comune di Sassuolo Maria Savigni, ieri sera, in questo tempo di Avvento che ci prepara al Natale di Gesù, ci siamo riuniti nel Suo nome con il cuore colmo di gratitudine presso la chiesa di Sant’Antonio in Sassuolo (MO). Nella Celebrazione Eucaristica, presieduta da don Giovanni Rossi (Parroco dell’Unità Pastorale Centro di Sassuolo), abbiamo presentato il nostro desiderio di rendere grazie a Dio, Signore della storia, luce, guida e sostegno del nostro cammino, ragione del nostro essere e del nostro operare; per questo, possiamo ripetere col salmista “Grandi cose ha fatto il Signore per noi” (Sal 125). Nella celebrazione abbiamo espresso anche il desiderio di fare memoria delle numerose persone che hanno operato nella scuola donando il meglio di sé stesse per la formazione dei nostri ragazzi. Abbiamo presentato sull'altare la vita di ogni famiglia che ha scelto questa scuola e si è fidata. Rivisitare le nostre origini per accogliere in noi, oggi, tutta la luce, l’entusiasmo, l’amore iniziale che traspare dalle prime sorelle giunte a Sassuolo, insieme a Don Agostino Ferri, fondatore della “Piccola Casa di San Giuseppe” che allora, ospitava un piccolo gruppo di bambine orfane bisognose di pane, di educazione e di scolarizzazione. Con occhi pieni di stupore guardiamo le nostre umili radici perché quei primi tempi, pur difficili, sono gravidi di futuro e di speranza: è la scommessa sul grande valore dell’educazione e dell’istruzione che forma i cittadini di tutti i tempi. Questo ci trasmettono/confermano le prime tre sorelle inviate a Sassuolo il 7 dicembre 1888 dalla nostra Fondatrice Madre Teresa di Gesù Crocifisso. La loro fede, l’attenzione alle reali esigenze delle bambine, la cura amorevole, la costante dedizione e la loro testimonianza di vita ci sono di grande incoraggiamento. Anche noi oggi viviamo tempi complessi, tempi di “deficit educativo”, o come dice Papa Benedetto XVI tempi di “Emergenza educativa”; abbiamo bisogno di recuperare l’educazione come priorità assoluta: la Famiglia in quanto “prima indispensabile educatrice” e la Scuola in quanto “istituzione per eccellenza dell’educazione”, entrambe, insieme, per il bene e la crescita dei nostri fanciulli/ ragazzi. Nella Chiesa di San Giuseppe (attigua al plesso scolastico e al convento di Sassuolo) abbiamo un’immagine ricca di significato che rende ben visibile l’opera svolta dalla scuola in ogni tempo. Ѐ la piccola porta del tabernacolo scolpita su bronzo dell’artista Carmela Adani; un bassorilievo di grande valore artistico. Raffigura la moltiplicazione dei pani e dei pesci realizzata da Gesù e riportata nei Vangeli. La scena è arricchita da una acuta intuizione artistica della scultrice. A portare i cesti dei pani e dei pesci sono i ragazzi, così pure la folla dei discepoli che sta attorno a Gesù è formata dai ragazzi che beneficiano del pane benedetto e moltiplicato da Gesù. Applicando questa immagine ai nostri giorni, possiamo dire che anche oggi si continua a spezzare il pane dell’educazione e dell’istruzione ai nostri bambini/ragazzi per una integrale formazione culturale, umana e cristiana. Questa è la nostra fondamentale missione. Durante la celebrazione abbiamo voluto anche far memoria dei sacerdoti che hanno diretto l’attività della scuola: Don Agostino Ferri, Don Giuseppe Zanichelli, Mons. Virgilio Franzelli e Don Erio Bortolotti e di tutte le Sorelle che hanno donato la loro vita per l'Istituto. suor Cristina Fiandri
Direttore didattico dell’Istituto San Giuseppe
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Il trattore è arrivato in Tanzania grazie al Campo Lavoro Missionario della Diocesi di Rimini12/12/2018 Ringraziamo di cuore tutti i volontari del Campo Lavoro Missionario della Diocesi di Rimini per il loro preziosissimo aiuto! Il Signore vi benedica! Per saperne di più clicca sul pulsante sottostante.
Alla fine del mese di ottobre c.a. gli ordinandi diaconi della Diocesi di Modena sono stati ospitati presso l’Oasi Francescana di Serramazzoni (MO) per un corso di esercizi spirituali. Riportiamo di seguito una condivisione sull’esperienza vissuta nei giorni di ritiro presso la nostra fraternità e una riflessione sul diaconato permanente entrambe a cura di Fabrizio Bartolacelli. ![]() Gli ordinandi diaconi della Diocesi di Modena, Fabrizio Bartolacelli, Vito De Nardis, Gabriele Venturelli, Saverio Sorrentino e Antonio Wirz sono stati accolti con molto calore dalle Suore Francescane Missionarie di Cristo. La casa è grande e ospitale; inoltre il posto è dotato di un ampio giardino dove poter passeggiare e meditare; c’è una accogliente cappella e il cibo è buonissimo: insomma tutto questo fa dell’Oasi un paradiso per riflettere e meditare a due passi da Modena. Bastano infatti solo 40 minuti per salire a Serramazzoni, il balcone sulla Val Padana. Gli esercizi sono stati guidati da don Paolo Losavio, responsabile diocesano per i ministeri ordinati, il quale è stato coadiuvato dai diaconi formatori Francesco Melandri e Claudio Barbari.
Durante gli incontri è emerso ciò che è proprio del ministero diaconale, cioè la diaconia della carità che si esprime nella comunicazione della parola di Dio, si attua nel servizio nelle soglie ecclesiali e sociali e si finalizza nella liturgia (LG 29). Il Concilio Vaticano II, voluto da san Giovanni XXIII, distingue i ministri ordinati pastori dai diaconi: la loro specificità sta nel servire le membra più in difficoltà rispetto all’esperienza di Chiesa, nell’incentivare i germi di fede di chi è sulla soglia, nell’aiutare i laici cristiani a vivere da testimoni di Cristo e a condividere l’azione dello Spirito che chiama tutti, in particolare i lontani, a camminare verso il Padre. La pastorale della Chiesa in uscita, voluta da papa Francesco, ha bisogno che i diaconi abbiano una delega chiara nel settore caritativo e in quello della missione negli ambiti della vita. C’è poi il servizio nelle piccole comunità che si creano sul lavoro e nei caseggiati, per la condivisione della parola e della vita, oppure la disamina dei problemi umani nelle pastorali sociale e sanitaria. Altro settore idoneo ai diaconi sono i giovani e gli adulti che fanno cammini di preparazione ai sacramenti dell’iniziazione alla vita cristiana o al matrimonio. Infine, è buon mandato diaconale l’amministrazione dei beni delle chiese, con la riserva di una parte da destinare alla carità. Ricordava a un corso di formazione don Fabrizio Rinaldi, direttore dell’Istituto Teologico Contardo Ferrini: Il diaconato permanente non è retribuito. Questa situazione comporta che il diacono ha potuto dedicare soltanto un tempo residuale (quello che rimane dopo gli impegni familiari e lavorativi) alla sua formazione teologica e pastorale, come del resto può dedicare un tempo residuale al suo servizio ecclesiale. La gratuità del suo agire lo rende segno evidente dello spirito di servizio che lo anima e pone la sua figura in una posizione intermedia, a metà via tra il presbitero retribuito e i tanti volontari che animano la vita ecclesiale. La valorizzazione della figura del diacono dipende dal modello di Chiesa che fa da riferimento alle scelte pastorali. Più questo modello si richiama all’idea di un uomo solo al comando e più il diacono sarà ridotto ad un delegato del parroco o a un suo supplente. Più, invece, il modello è di tipo sinodale e più il diacono sarà chiamato e valorizzato anzitutto per i suoi carismi specifici e la sua capacità di promuovere uno stile di corresponsabilità all’interno della comunità. La differenza tra i due approcci è notevole. Qualche esempio. Il diacono guida una liturgia della parola e tiene l’omelia. Lo fa soltanto quando il prete è ammalato (supplenza) oppure in diversi momenti durante l’anno liturgico in cui si è scelto di mettere a frutto un carisma presente nella comunità? In occasione di una ricorrenza familiare, viene chiesto di celebrare una messa in una cappella privata; per l’inaugurazione di una nuova farmacia in paese viene chiesta una benedizione ufficiale; per la recita natalizia dei bimbi della scuola parrocchiale viene chiesto di guidare un momento di preghiera. È bene che vada sempre il parroco e, quando non può, il diacono (supplenza)? Molte strutture ecclesiali hanno chiuso in questi anni e altre lo faranno nel prossimo futuro. Questo riguarda strutture fisiche per le quali non c’è più sostenibilità economica: ci sono chiese, oratori, scuole, parrocchie che non sono in grado nemmeno di sostenere le spese correnti. Ci sono tradizioni e prassi pastorali che sono nate in un altro contesto culturale, sociale e religioso e che ora non incontrano più la sensibilità di oggi. Certo, si è consapevoli che i praticanti sono una minoranza, ma ancora si ritiene che la quasi totalità delle persone in Italia sia battezzata e faccia battezzare i figli, poi li mandi al catechismo almeno fino alla prima comunione, poi ritorni negli ambienti ecclesiali in occasione di matrimoni e funerali di amici e parenti. Già oggi la realtà è ben diversa sotto tanti punti di vista. Sono molti coloro che decidono semplicemente di non sposarsi e in città ci sono persone che non fanno nessuna celebrazione funebre per la morte di un parente (né civile né religiosa) o ancora che non mandano il figlio a nessuna forma di catechesi. Finché non si accetta la portata del cambiamento in atto, prevale la tendenza a ragionare in termini di conservazione dell’esistente, con servizi da offrire necessariamente al territorio e prassi ecclesiali (tradizioni) da sostenere. Così, si spendono energie nella ricerca di persone disponibili a collaborare per poter dare continuità a quanto si è fatto finora, utilizzando la loro disponibilità per “coprire un buco”. In questa logica, i percorsi di corresponsabilità non possono svilupparsi realmente e si riducono soltanto ad una dichiarazione di intenti: se la risposta alla domanda su cosa ci suggerisce lo Spirito è già data (cioè dobbiamo mantenere tutte le prassi pastorali e le strutture esistenti), quale tipo di discernimento possiamo fare? Per non farsi sopraffare dalle ansie e dalle delusioni legate al cambiamento in atto è bene riconoscere ciò che è essenziale alla vita spirituale ed ecclesiale, e distinguerlo da ciò che ne costituisce uno sviluppo legittimo ma secondario. Su ciò che è essenziale (annuncio della Parola/formazione; carità/prossimità; liturgia/preghiera; missione e comunione) è importante attivare percorsi di corresponsabilità per discernere insieme (presbiteri, religiosi/e e laicato) le vie da percorrere. In questa corresponsabilità sempre più diffusa sta il senso compiuto della missione del diacono nella chiesa modenese di oggi e di domani. Concludo questo mio contributo con un estratto da un articolo del nostro caro Vescovo Erio Castellucci: “Il diaconato si può definire come il “ministero della soglia”: al diacono è affidato il “punto d'uscita” della Chiesa al mondo e il “punto d'ingresso” del mondo nella Chiesa. Egli diventa uno stimolo, una “sveglia”, perché la Chiesa passi decisamente dalla pastorale della conservazione a quella della missione. Nelle Chiese interessate dalla “nuova evangelizzazione”, il diaconato assume questo delicatissimo compito di snodo, per evitare da una parte gli arroccamenti conservatori e dall'altra le sperimentazioni sconsiderate. La doppia appartenenza del diacono - teologicamente membro della gerarchia e sociologicamente laico - diventa così testimonianza efficace di un legame stretto Chiesa-Società: per il suo modo di vivere nella professione, nel matrimonio e nella famiglia, si avvicina a coloro a cui serve, assai più di quanto avvenga per il sacerdote, per cui egli può essere in maniera speciale “il servo di tutti”. Sarà il vescovo, in comunione con la sua Chiesa, ad indicare la concreta declinazione del “ministero della soglia” in un caso la “soglia” si troverà tra gli immigrati, in un altro tra le persone malate o depresse, in un altro ancora tra le famiglie disastrate e ferite, o tra i non credenti e gli agnostici. La varietà dei disagi è purtroppo grande, come innumerevoli sono le situazioni di bisogno che caratterizzano le diverse Chiese. Per valorizzare il diaconato si dovrebbe osare di percorrere queste direzioni "di frontiera", vincendo la tentazione di fare dei diaconi i meri supplenti dei parroci o di utilizzarli unicamente per la liturgia. Durante i due giorni trascorsi all'Oasi Francescana di Serramazzoni abbiamo meditato su tutto questo e chiesto allo Spirito Santo i suoi doni di Grazia. In questi giorni la nostra Superiora Generale suor Lorella Chiaruzzi, |
AutoreLe Suore Francescane Missionarie di Cristo svolgono molteplici attività nell'ambito dell'istruzione e missionario. Archivi
Gennaio 2021
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